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INTERVISTA A SANDRO DONATI

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E' passato ormai più di un mese dall'incontro del 22 novembre scorso a Lozzo, quando la sottoscritta, invitata dal presidente dello Sci Club Domegge Francesco Marengon, ha parlato dello sport giovanile in Cadore, scambiando e ribattendo vari punti di vista su questo argomento con Silvia Vecellio, relatrice per quanto riguarda il nuoto, Nicola De Martin, per l'ambito dello sci alpino e Cozzi Glauco per il calcio.

Non mi dilungo a commentare l'incontro ... ho parlato assai quella sera, ma chi c'era ha potuto constatare che i punti di vista sono principalmente due. C'è quello mio e di Silvia ... e chi legge e frequenta l'ambiente Giocallena o la sua piscina non ha bisogno di spiegazioni, e c'è quello di chi vede nello sport solo sacrificio, tanta fatica e devozione verso un unico sport; perchè se si vogliono ottenere risultati e creare, oltre che sportivi, persone integerrime, non ci può essere spazio per altre attività sportive.

Rispetto questa opinione, ma non posso certo condividerla ... e quindi quando ho letto questa intervista a Sandro Donati, fra le tante cose, non ho potuto fare a meno di non sorridere (di soddisfazione) leggendo questo:

Come si può uscire da questo circolo vizioso? (per circolo vizioso si intende il doping sia tra i professioisti che tra gli aamtori)
A questo scopo ho proposto la nascita della Confederazione dello Sport Giovanile nel cui ambito si crei un comparto educativo e ludico nel quale l’attività sportiva venga trasmessa come strumento formativo, divertente, appassionante al punto da diventare una compagna di vita. E’ chiaro che non possiamo conseguire questo obbiettivo mettendo accanto ai bambini e ai preadolescenti degli allenatori specializzati in uno sport che vedono invece il risultato solo relativamente a una singola specialità, dimenticando il bisogno dei bambini di fare molte esperienze sportive e motorie. La cultura sportiva passa invece dall’esplorazione di varie discipline e solo dopo essersi costruito una base variegata di conoscenze, il ragazzo potrà poi scegliere ciò che è più adatto per lui. E’ come se a scuola si insegnasse solo una materia, ad esempio la matematica, trascurando tutto il resto, peraltro attraverso insegnanti che vedono il mondo esclusivamente attraverso i numeri. Si tratterebbe di una formazione sommaria e limitata. Nello sport funziona proprio così. Oggi l’educazione sportiva è in mano a Federazioni e società sportive specializzate in una disciplina e lo Stato – che dovrebbe interpretare al meglio l’educazione sportiva se ne è invece completamente disinteressato. Nel contempo, sono scomparsi i giochi di movimento, che garantivano lo sviluppo delle capacità motorie (specialmente coordinative) dei bambini, per la mancanza di spazi adeguati, per cui l’attività motoria residuale è quasi esclusivamente fatta a livello sportivo. Se gli enti di promozione sportiva, anche locali, facessero il primo passo verso la creazione della Confederazione dello sport giovanile, escludendovi i carrieristi a vita dello sport, questa potrebbe essere la mossa decisiva per interrompere l’attuale circolo vizioso. Lo scopo di questi personaggi è “setacciare” molti bambini per trovare qualche campione, lo scopo della Confederazione è metterne in movimento ed appassionarne allo sport milioni, se poi tra loro escono fuori anche adolescenti destinati a diventare dei campioni tanto meglio. 
Alessandro Donati è maestro dello sport del CONI, ex allenatore di squadre nazionali di atletica di velocità e mezzofondo, è stato dirigente responsabile della ricerca e sperimentazione del CONI, componente della commissione di vigilanza sul doping, consulente del Ministero della solidarietà sociale, nonché attuale consulente della WADA (Agenzia Mondiale Antidoping). E' autore di "Campioni senza valore" (fatto sparire dalle librerie perchè ritenuto scomodo) e di "Lo sport del Doping" che personalmente ho letto due volte e invito tutti a leggere per schiarirsi bene le idee e cambiare opinione su tantissimi osannati campioni ... purtroppo anche i "nostri" campioni del fondo che attualmente ricoprono pure importanti cariche. Tutto ciò che Donati scrive non è frutto di fantasia o semplice sospetto, ma è la trascizione dettagliata di ciò che è emerso grazie al suo lavoro ed alle successive indagini e processi, concluse nel 2004, non con l'assoluzione, ma con la non punibilità per prescrizione.

Ecco il testo completo dell'intervista

Commenti  

0 #4 Barbara 2015-01-24 19:04
Vale veramente la pena leggere quel libro, ma ci sono un sacco di cose veramente sconvolgenti che i più VOGLIONO ignorare. Poi mi dirai che ne pensi.
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+1 #3 Sara Da Rin De Rosa 2015-01-24 17:44
Grazie Barbara,
ho letto l'intervista e sono molto triste per come vanno le cose nello sport professionistico. Comprerò i libri così magari riesco a farli leggere anche ai miei figli.
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+2 #2 Gina 2014-12-31 15:28
Credo che questo articolo confermi quanto più volte detto da noi che seguiamo i ragazzi, poi ogni tecnico può avere la propria filosofia di pensiero che non necessariamente deve coincidere con la nostra, secondo me sarebbe opportuna una riflessione da parte di NOI GENITORI perchè, a volte, un campioncino in erba non lo è in età adulta o ancor peggio diventa un "pantofolaio" :-)
Non posso che concordare con Giulio quando dice che, se noi adulti pratichiamo sport per divertimento nonostante la fatica, è giusto che una delle componenti (se non la principale) dello sport in età giovanile sia il divertimento!!!!
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+2 #1 Giulio 2014-12-30 22:52
Mi accorgo che non è facile fare capire l'importanza di un certo metodo di approccio allo sport relativamente alle categorie giovanili. Noi adulti, riteniamo che i giovani debbano essere assolutamente impegnati nell'attività sportiva e tesi al risultato. Se così non è, non è sport, non vale la pena, è "divertimento" pressoché inutile. Si reputa necessario intendere lo sport come esperienza essenzialmente agonistica e prestativa imposta fin da bambini, dimenticando, che lo sport, innanzitutto, è attività benefica che deve essere svolta a prescindere dal risultato. Non fa riflettere nemmeno l'abbandono precoce, ritenendolo un fenomeno fisiologico invece che di saturazione di un'eccessiva e pressante attività svolta da giovani. Noi adulti facciamo sport perché ci piace e diverte, pure nella fatica e nella dedizione, non fosse divertente non faremo sport. Mi chiedo perché ai giovani i presupposti per fare attività sportiva debbano avere i connotati del sacrificio e dell'impegno disgiunti dal divertimento, considerando che quest'ultimo è l'essenza motivazionale che salva il giovane dall'abbandono precoce.
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